Chiarimenti sulla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 16422/2023

Gentili consorziati,

nelle ultime ore, a seguito della pubblicazione il 9 giugno u.s. della sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 16422/2023, stanno circolando commenti a dir poco inesatti e di sterile strumentalizzazione, che impongono le seguenti precisazioni.

Nessuna delle tre sentenze emesse nei tre gradi di giudizio ha annullato la delibera assembleare del 25 febbraio 2012 che autorizzò l’avvio di un giudizio arbitrale, come previsto dagli accordi transattivi del 1997/1998 con la Sales Sud, per la presa in carico di aree a verde inedificabile di proprietà di tale società.

Il Tribunale di Roma, infatti, con sentenza n. 20162 del 2015 – preso atto che la delibera impugnata era stata sostituita da quella adottata il 1° dicembre 2012, che introdusse modifiche statutarie che, tra l’altro, consentivano al Consorzio, previa delibera assembleare adottata con le maggioranze dell’assemblea straordinaria, l’acquisizione di beni immobili – applicò l’art. 2377, 7° co. cod. civ., a mente del quale “l’annullamento non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto” e dichiarò cessata la materia del contendere sul punto. Il giudizio è pertanto proseguito solo per stabilire quale parte dovesse rimborsare all’altra le spese di lite (la c.d. “soccombenza virtuale”) e il Tribunale, pur ritendo di trovarsi “dinanzi ad un soggetto giuridico che presenta i caratteri delle associazioni non riconosciute”, stabilì che lo statuto vigente prima delle modifiche statutarie non prevedeva la possibilità per il Consorzio di acquisire beni immobili.

Tale statuizione non è apparsa convincente in linea di principio, ritenendo il Consorzio che, una volta affermate la sua natura associativa e l’esistenza di un fondo consortile, l’operazione di acquisizione al fondo stesso di beni immobili dovesse ritenersi consentita, in mancanza di un divieto statutario.

La Corte d’appello, prima, e la Suprema Corte, ora, dopo aver ribadito il principio della prevalenza dei patti statutari e che solo in mancanza di una disciplina specifica in tali patti devono applicarsi le disposizioni generali più confacenti al caso di specie, hanno ritenuto corretta l’applicazione (analogica) delle norme sul condominio, essendo stato “accertato in punto di fatto che lo statuto del Consorzio (prima della modifica n.d.r.) nulla prevede circa l’acquisto dei beni” e, sulla base di tale principio, ha condannato il Consorzio esclusivamente al pagamento delle spese di lite.

Peraltro si trattava, occorre sottolinearlo, dello statuto nel testo precedente le modifiche statutarie del 1° dicembre 2012, sicché, proprio sulla base del principio della prevalenza dello statuto affermato dalla recente sentenza, la decisione sarebbe stata diversa qualora la vicenda avesse riguardato operazioni di acquisizione immobiliare successive a tali modifiche. Non a caso il Tribunale di Roma, con sentenza n. 616/2021, passata in giudicato, ha affermato che il Consorzio, dopo le modifiche statutarie del 2012, quale associazione non riconosciuta, è titolare di un fondo patrimoniale (art. 37 cod. civ.) nel quale ben possono confluire beni immobili, senza che ciò incida sulle proprietà individuali.

Si auspica che le suesposte considerazioni abbiano contribuito a fare chiarezza e ad evitare ulteriori vane strumentalizzazioni di una sentenza che non ha alcun impatto né sull’acquisto da parte del Consorzio dei terreni a verde e delle opere di urbanizzazione, né sull’attuale disciplina del Consorzio e dei rapporti con i Consorziati, restando inalterata, anche a seguito di essa, la natura giuridica del Consorzio che è, e rimane, un’associazione e non un condominio.

La sentenza della Corte di Cassazione è pubblicata nella sezione “documenti” dell’area riservata del sito.

Il presidente del cda

Avv. Prof. Giuseppe Bernardi